il parco
Il giardino romantico di Villa Bolasco
Un lago, due isole e più di mille alberi popolano il giardino storico di Villa Parco Bolasco.
Il giardino romantico di Villa Bolasco, così come lo si vede oggi, nasce da un progetto di Giambattista Meduna, che tra il 1852 e il 1865 ne ridefinì l’impianto e riorganizzò l’area in cui in precedenza sorgevano il complesso architettonico seicentesco “Il Paradiso” e un giardino all’italiana. Di entrambi non c’era già più traccia quando a Meduna fu affidata la riprogettazione dell’intero complesso, ma alcune delle sculture del giardino all’italiana, attribuite a Orazio Marinali, sono state reimpiegate nella splendida Cavallerizza che si sviluppa nell’area più a nord del giardino.
Oggi il parco è popolato da più di mille alberi e da una ricca fauna; ospita al suo interno un lago, alimentato dalle acque del torrente Avenale, e due piccole isole, per un totale di otto ettari di superficie, in cui si trovano anche la Cavallerizza, una cavana, una torre colombara e la bellissima serra ispano-moresca.
Architetture del parco
Un vero e proprio viaggio nel tempo tra ponti, colombare e la Cavallerizza.
La serra
Un riparo elegante per fiori e agrumi
Alla morte del conte Revedin, è la nipote ed erede Fanny Bassetti, insieme al marito, a proseguire i lavori nel giardino, tra cui anche la costruzione della serra. Autore del progetto è l’architetto e paesaggista vicentino Antonio Caregaro Negrin, che disegna una serra di stile ispano-moresco, ispirata a modelli di arte islamica andalusa. La serra guarda a sud-ovest e grazie al sole diretto e alle stufe garantiva riparo ad agrumi e fiori durante la stagione invernale. Collocata in una delle isole del lago, di fronte all’ala est della villa, la serra compariva nelle foto storiche già nel 1872 in tutta la sua ricchezza.
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La torre colombara est
Una colombara seicentesca dell’antico giardino Corner
Appartenente al giardino all’italiana dei Corner, la torre è documentata in un documento dell’agosto 1743 e sorge in asse con la torre ovest. Oggi la torre, a base ottagonale, con un basamento in bugnato liscio, è il frutto di una rilettura in stile neogotico degli esterni. All’interno della torre, a piano terra, sono conservati un affresco a tempera a secco con un’immagine femminile e un festone di frutta e fiori, insieme a fasce decorative geometriche in cui spicca lo stemma gentilizio dei Corner di San Maurizio.
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La torre colombara ovest
Un manufatto seicentesco appartenuto all’antico giardino Corner
La torre, a pianta ottogonale, con basamento lavorato a bugnato liscio, ha conservato nel tempo la stessa struttura dell’epoca di costruzione, databile a fine Settecento, nell’ambito della ristrutturazione del giardino all’italiana dei Corner, detto “della Ca’ Granda”. Nella prima documentazione dell’edificio, data 1743, la torre si colloca a ridosso dell’abitazione del giardiniere, prolungata verso ovest da un corpo di fabbrica in stile neogotico a metà Ottocento. Entrambi gli edifici sono conosciuti come “casa degli Strepiti”.
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La cavallerizza
Un anfiteatro equestre coronato da statue seicentesche
Nella parte più a nord del giardino storico sorge uno straordinario anfiteatro con funzioni di maneggio, voluto dal conte Revedin e attribuito al francese Marc Guignon. Il complesso lavoro di sterro e di sistemazione del terreno per la realizzazione della cavallerizza, del lago, delle isole e della collina è stato eseguito dagli ingegneri Antonio Barea e Antonio Pittarello, cui si deve probabilmente la direzione dei lavori di costruzione dell’intero giardino. A corredo della cavallerizza furono collocate una cinquantina di statue, poggiate su piedistalli e recentemente restaurate, di cui 44 sono opera dello scultore bassanese Orazio Marinali, databili tra gli anni 1684 e 1697. Sempre di Marinali sono i due imponenti destrieri che svettano sui pilastri che segnano l’antico limite settentrionale del perduto giardino Corner.
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I ponti ovest ed est
Un progetto a firma di Caregaro Negrin
Nel giardino storico di Villa Bolasco sono due i ponticelli che, proprio nello stile dell’epoca, permettono l’esplorazione del giardino. In entrambi i casi si tratta di due eleganti ponti in ferro, con parapetti a disegno geometrico, attribuibili all’architetto Negrin, autore della serra e della cavana.
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La cavana
Un riparo per le barche
Tra i progetti a firma dell’architetto Negrin c’è anche la cavana, una struttura destinata al ricovero delle barche, diffusa sia a Venezia che lungo i fiumi dell’entroterra. Costruita a margine del grande lago che attraversa il giardino, accoglie al suo interno tre posti barca, protetti da un sottotetto decorato a losanghe.
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Uno straordinario
patrimonio vegetale
nel cuore della città
Il giardino storico di Villa Bolasco ospita molti elementi architettonici, quasi tutti risalenti a metà Ottocento. Sui lati est e ovest del parco sorgono le due torri colombare mentre nella parte del lago più vicina alla villa, tra gli alberi, si nasconde la bellissima cavana in cui trovavano riparo le barche.
Nella parte più a nord del parco si trova invece la splendida Cavallerizza, in cui sono state riutilizzate alcune sculture del preesistente giardino all’italiana denominato “Il Paradiso” e risalente al Seicento. Camminando attraverso il parco sono tante le storie che si sovrappongono e l’architettura sembra disegnare la trama del racconto.
Gli alberi del parco
Un patrimonio vegetale secolare si nasconde
oltre le corti e cresce tra la Cavallerizza e la Villa, attorno al lago e nelle isole del parco.
Farnia
Fagaceae (Famiglia)
Quercus robur (Specie)
Quercus robur, conosciuto come farnia, è un albero autoctono di gran parte del continente europeo. Insieme a Carpinus betulus, Ulmum minor e Acer campestre era la specie principale delle grandi foreste planiziali che occupavano la pianura padana in epoca preromana. La farnia è una specie molto longeva, di dimensioni imponenti, tanto che può raggiungere i 30 metri di altezza e altrettanti di diametro della chioma. Nel giardino sono presenti 25 esemplari, di cui tre superano il metro di diametro del tronco. L’esemplare in foto è uno dei più vecchi del parco, con i suoi 145 centimetri di diametro. Si tratta della farnia più grande del parco ed è il secondo albero per dimensione, superato solo dall’esemplare più grande di Platanus x hispanica.
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Sofora pendula
Fabaceae (Famiglia)
Sophora japonica (Specie)
La sofora giapponese è un albero a foglia caduca originario della Cina, dal portamento pendulo. Non raggiunge dimensioni elevate; può arrivare fino a 7 metri di altezza e fino a 4 di diametro della chioma. Le sue foglie composte, pennate, possono essere confuse con quelle di altre leguminose. La sofora tuttavia non presenta spine sul tronco e sui rami.
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Cipresso calvo
Cupressaceae (Famiglia)
Taxodium distichum (Specie)
Il Taxodium distichum è una specie originaria degli habitat umidi degli Stati Uniti meridionali, in particolare di quegli stati che si affacciano sul Golfo del Messico. Si tratta di una conifera a foglia caduca, parente stretta delle sequoie, che può raggiungere i 40 metri di altezza e un diametro di oltre 10 metri. La conformazione del suo apparato radicale consente l’approvvigionamento di ossigeno alle radici sommerse, attraverso i suoi caratteristici elementi verticali affioranti, detti pneumatofori. Per la sua capacità di adattarsi ad aree allagate è stata molto utilizzata nei giardini ottocenteschi, sul margine di laghi. Nel giardino sono presenti sette esemplari, di cui tre storici.
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Cedro dell’Himalaya
Cupressaceae (Famiglia)
Taxodium distichum (Specie)
Il Cedrus deodara è originario delle pendici della catena montuosa dell’Himalaya. Come tutte le specie del genere Cedrus possiede foglie trasformate in aghi portati in piccoli mazzetti all’estremità dei cosiddetti branchiblasti (piccoli rametti che uniscono le foglie ai veri e propri rami). Il Cedrus deodara presenta però anche aghi inseriti direttamente sui rami e si caratterizza per la presenza di aghi piuttosto lunghi, tra i 4 e i 66 centimetri.
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Magnolia
Magnoliaceae (Famiglia)
Magnolia grandiflora (Specie)
La Magnolia grandiflora è un albero sempreverde originario del sud-est degli Stati Uniti. Può raggiungere dimensioni considerevoli, fino a 25 metri di altezza, ed è caratterizzato da un tipico portamento piramidale-ovoidale, assumendo però spesso, a maturità, una forma più allargata e meno regolare. Le foglie, lunghe fino a 30 centimetri, sono verdi scure e lucide nella pagina superiore. I suoi vistosi fiori bianchi compaiono tra maggio e luglio, profumati e di grandi dimensioni. La prima magnolia introdotta in Italia è con grande probabilità quella ancora presente all’Orto botanico di Padova, ma anche all’interno del giardino di Villa Bolasco ci sono esemplari secolari di oltre 140 anni di età.
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Sono più di mille, molti dei quali secolari o riconosciuti come storici, gli alberi che popolano il giardino di Villa Bolasco. Si tratta di uno straordinario patrimonio vegetale nel cuore della città; una distesa di verde ininterrotta, perfettamente riconoscibile in una qualsiasi vista dall’alto di Castelfranco Veneto.
Sulle sponde del lago si incontrano i Cipressi calvi, riconoscibili per le radici aeree che affiorano dall’acqua, i pneumatofori. Durante la passeggiata si incontrano, tra gli altri, anche un Platano, l’esemplare più grande presente nel giardino, e una splendida Farnia con i suoi 145 centimetri di diametro.
I miti della Cavallerizza
L’allegoria, la storia e il mito nelle sculture di Marinali.
Destrieri
Pilastri dell’antico ingresso settentrionale
I due animali sono rappresentati specularmente, nell’atto di piegare la zampa anteriore poggiandola su una sfera. Il muso è rivolto nella direzione contraria, mentre lungo la zampa sollevata ricade un ricco drappo che ricopre in parte il dorso del cavallo.
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Baccante
Una figura legata al culto bacchico
Il soggetto è assorto in un alone di ebbrezza estatica e, mentre danza, volge con decisione la testa all’indietro, piegando il braccio in direzione dle petto. Come altre figure del ciclo è riconducibile al culto bacchico ed è possibile che il braccio mancante reggesse il tipico tirso o che entrambe le mani afferrassero dei cimbali. L’opera rimanda a un’immagine riprodotta nell’opera del Cartari.
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Pan
Una creatura per metà umana e per metà animale
Saldamente poggiato sugli arti inferiori, il soggetto presenta una grossa coda di pesce, con la quale tocca terra, forse a suggerire una trasformazione in atto. La posa in cui si trova lascerebbe indendere un colloquio e non si esclude che la figura possa essere tematicamente associata ad altre dello stesso complesso, parte del seguito di Bacco.
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Venere con cupido
Figura femminile accompagnata da cupido e un grosso delfino
La divinità, semi avvolta da un lungo drappo, è circondata dal corpo di un delfino su cui poggia anche cupido. Il corpo del mammifero è un attributo alla nascita della dea dal mare, ma è anche un elemento riempitivo di sostegno, che funge da raccordo tra la dea e Cupido.
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Centauro
Una creatura per metà umana e per metà animale
La figura possente di questo essere fantastico, metà uomo e metà cavallo, è fissata in un momento di equilibrio instabile e di scattante energia, come se fosse prossima all’azione. Il corpo poggia sulle zampe posteriori, elevandosi come un destriero imbizzarrito. Potrebbe trattarsi di uno dei centauri associati alla figura di Ercole o una delle figure riconducibili al corteo bacchico.
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Invidia
Una rappresentazione allegorica
La figura rappresenta una vecchia seminuda, dal corpo macilento e grinzoso, intenta a fissare un punto di fronte a lei. Lo sguardo è ferocemente vendicativo e rabbioso, mentre attorno al suo torace è avvinghiato il corpo grosso e squamoso di una serpe, di cui non si vede la testa. Al suo fianco si trova invece il corpo di un animale, simile a un piccolo drago. Allegoria dell’invidia, la figura è associata all’allegoria dell’avarizia, presente nello stesso complesso.
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Proserpina
La divinità protettrice dei raccolti
Il personaggio femminile semipanneggiato regge sul fianco destro il corpo di un’oca, simbolo della natura che muore e rinasce di continuo. Si tratta di una divinità protettrice dei raccolti, tematicamente legata alla figura di Cerere, presente nel ciclo e a sua volta simbolo della terra portatrice di frutti.
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Mercurio
Una figura giovanile di portamento elegante e solenne
La divinità è ritratta nelle vesti di dio protettore del commercio e del guadagno. Si distingue con chiarezza la presenza di un’ala saldata alla caviglia di ciascun piede. Come termine di confronto è utile fare riferimento al disegno marinaliamo di Bassano, molto simile all’opera nell’atteggiamento, nella disposizione delle braccia e nel panneggio
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Equinozio d’autunno
Bellissima figura di vegliardo
La figura, semipanneggiata da una lunga veste, regge una cornucopia ricolma di frutti stagionali ed è cinta in vita da una cintura dal motivo stellato. Probabilmente il soggetto, ora isolato, in origine faceva parte di un ciclo di altre raffigurazioni stagionali.
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Ganimede
Un giovane bellissimo e un’aquila ai suoi piedi
L’aquila ai piedi del soggetto ci permette di riconoscere Ganimede, rapito da Giove per la sua bellezza. La mano andata perduta sorreggeva probabilmente un cratere, utilizzato nell’antica Grecia per mescere acqua e vino, come suggerisce un disegno di Bassano, nonostante altre importanti varianti rispetto alla statua.
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52 sculture,
di cui 44 provenienti
dal seicentesco
giardino Corner
La cavallerizza, area destinata a galoppatoio dei cavalli del conte Revedin, è circondata da 52 sculture, di cui 44 sono statue lavorate in pietra tenera di Costozza e provengono dal giardino Corner. Queste ultime, databili tra gli anni 1685 e il 1697, sono opere dello scultore bassanese Orazio Marinali, che nelle sculture ripropone i tre grandi filoni tematici delle arti figurative a partire dal Cinquecento: l’allegoria, la storia e il mito. Divinità olimpiche si affiancano a figure minori: alle Baccanti, a Suonatori, Ninfe e Divinità fluviali.
Insieme a loro, nella Cavallerizza, sono raffigurati personaggi tratti dalle Metamorfosi di Ovidio, personificazioni delle Stagioni, allegorie filosofiche (la Fortuna e l’Occasione), morali (Vizi e virtù) e personaggi della storia antica. Così il mito diventa una congiunzione ideale tra il seicentesco Paradiso, la riprogettazione ottocentesca e l’identità, profondamente orientata alla diffusione dell’arte e della cultura, che contraddistingue il complesso di Villa Parco Bolasco oggi.